Andrés Marín, flamenco contemporaneo e libertà “Ad libitum – O come mi sono liberato dalle mie catene”
Direzione artistica: Andrés Marín
Direzione musicale: Andrés Marín, Salvador Gutiérrez
Coreografie e danza: Andrés Marín
Ospite speciale al canto: Segundo Falcón
Chitarra: Salvador Gutiérrez
Andrés Marín, uno degli artisti più importanti del flamenco contemporaneo, sarà al Teatro Goldoni di Venezia, il 15 maggio, nell’evento intitolato “Ad libitum – O come mi sono liberato dalle mie catene”, organizzato da Veneto Spettacolo, nuova sezione artistica di Veneto Jazz.
Le sue produzioni sono incentrate sul flamenco tradizionale e, in particolare, sul canto classico del flamenco (cante); non da una prospettiva convenzionale, ma attraverso una visione personale radicale e uno stile assolutamente contemporaneo. La sua danza è infatti considerata una delle più innovative nella danza del flamenco. Figlio di artisti di flamenco, Andrés Marín è nato a Siviglia nel 1969. Sebbene abbia iniziato a ballare da bambino insieme al padre, Marín è un ballerino autodidatta. Ha debuttato professionalmente nel 1992 e ha lavorato come artista ospite e coreografo in varie compagnie e spettacoli fino alla formazione della sua compagnia nel 2002.
Andrés Marín ha sempre mostrato un profondo rispetto per la tradizione, in particolare per il canto, che considera la spina dorsale del flamenco, ma anche sottolineato che limitarsi all’imitazione ingenua o alla riproduzione meccanica significa rimuovere l’essenza di ogni espressione artistica e, in definitiva, mancare di rispetto alla cosa in cui credi di servire. Il suo flamenco quindi esiste in quel fragile interstizio tra la norma e la sua trasgressione.
In tutti i suoi spettacoli, Andrés Marín ha sviluppato un singolare universo personale. Ora sembra che Andrés Marín abbia fatto un altro passo verso la libertà, osando tutto senza limiti. Lui, che ha sempre considerato il flamenco cantando con ammirazione e umiltà, osa cantare e lo fa molto bene. Il suo recente lavoro con Bartabas o Kader Attou lo ha portato a mettere continuamente in discussione la sua danza. In “Ad libitum” balla al ritmo della propria volontà e della totale libertà. E, soprattutto, dandosi pienamente al momento, al luogo, all’altro, se questo si trova sul palco o tra il pubblico. Il coreografo lascia parlare il suo corpo, un corpo che ha tanto da dire e lo possiede, spezzando le catene della ragione.
Andrés Marín ha imparato a disimparare e ha capito cosa stava dicendo Antonio Machado quando ha scritto “Caminante no hay camino, se hace camino al andar” (Viaggiatore, non c’è sentiero, il sentiero è fatto camminando). Questo è il concetto alla base del suo nuovo spettacolo: costruire davanti a noi un percorso sul quale ci invita a penetrare nelle profondità del seguiriya o del ritmo della bulería, offrendoci la sua danza come un atto di libertà.