“Cuba Danza” – Alla Havana il balletto parla anche italiano (presentazione libro)
La parola danza, a Cuba, è un universo tanto vasto che è una grande sfida raccontarla, al di là del fascino di ritmi e di suoni e di corpi “nati per ballare” che abitano la Isla Grande dei Caraibi.
Prima della rivoluzione nazionalista di Fidel Castro, il focus dei governi coloniali e postcoloniali era sul lusso caribeño di cabaret come il Tropicana, sul richiamo dei locali notturni “del vizio”, dove bere, fumare, flirtare in nome di un eros allegramente debordante e multirazziale, o sui teatri per la borghesia bianca dove si mutuava il modello europeo di consumo culturale elitario con opere, concerti, balletti. Dopo il 1959 il nuovo governo indirizza, promuove, autorizza, appoggia, controlla, finanzia e gestisce spettacoli e trattenimenti secondo una concezione che guarda anche alle culture orali non bianche che si riveleranno molto attraenti per i benvenuti flussi turistici verso le casse della bella e bisognosa Isla Grande del Caribe.
Nell’approccio alla complessità dell’oggi, frutto di tanti rivolgimenti, e per intendere la centralità pervasiva della danza e del corpo danzante a Cuba, è significativo un evento che ha unito i due estremi coreo-danzistici della realtà “g-locale” del meticciato isolano.